Microlearning: Imparare poco e subito?
Di recente ho assistito ad un affascinante webinar gestito da un ragazzo che davvero sapeva il fatto suo ed era appassionato di ciò che stava condividendo con noi. Mi sono trovata d’accordo con molti dei punti da lui sviluppati e durante il seminario ci sono stati commenti profondi e significativi da parte dei partecipanti.
Davvero tutto molto positivo ma in fondo, nella mia mente, alcuni forti campanelli d’allarme hanno iniziato a suonare.
Come mai?
Mentre assistevo a questo webinar, non riuscivo a smettere di pensare: il microlearning è davvero la cosa giusta? O stiamo solo assecondando un trend di questo periodo? Sono sicura che, come capita a me, ti hai sentito dire molto spesso che le persone hanno tempi di attenzione sempre più brevi (in effetti lo diciamo tutti!) e che in virtù di questo dovremmo fornire alle persone momenti di apprendimento ultra rapidi.
Questo contrasta con quanto stavo esponendo, durante una sessione di training questa mattina, ad un gruppo di responsabili di varie organizzazioni pubbliche impegnati nella sfida del momento: come migliorare la resilienza delle persone. Posso dirti con certezza che mostrare a qualcuno un video di 5 minuti sulla costruzione della resilienza non rende qualcuno più resiliente.
Qualcosa di “micro” può funzionare, ma non per cambiare il comportamento, perché il cervello non funziona così e la resilienza non si sviluppa in questo modo (contattando via email synaptic potential si può avere una recente pubblicazione sul tema).
In quali occasioni il microlearning è davvero utile?
Potresti pensare, “beh, potrebbe non funzionare per la resilienza, ma quello è un tema particolare” e dunque vorrei esporre, per ampliare il ragionamento, in quali occasioni si rivela realmente utile il microlearning:
- Come primer. Il microlearning è ottimo per preparare il cervello all’apprendimento, perché porta il tuo cervello nella giusta cornice mentale e pone le basi per ciò che verrà dopo.
- Nella presentazione di qualcosa di nuovo. Quando si tratta di apprendere qualcosa di nuovo, dire a qualcuno tutto che necessita di sapere può essere opprimente. Acquisire pillole di nuovi concetti o abilità dà al cervello il tempo di aggiornarsi e riorganizzarsi proprio mentre acquisisce queste nuove informazioni.
- Per favorire la creatività. Il microlearning è un modo efficace per attivare rapidamente un’intera gamma di idee diverse utili ad ispirare il pensiero creativo. Micro sessioni su concetti non direttamente correlati con un determinato tema, possono aiutare a generare nuove connessioni nel cervello, perfette per pensare in modo diverso.
Ma nonostante tutte queste fantastiche applicazioni, è ovvio che ci sono alcune cose che non possiamo pensare di aggiornare all’istante con il microlearning. Un classico esempio è la gestione di interazioni difficili. La scienza ci mostra che un certo numero di basi neurali determina se una conversazione impegnativa andrà bene o meno e, anche se potresti, ad esempio, imparare a costruire ottime frasi di apertura, se la tua capacità di essere empatico è bassa (questa è una capacità che si rafforza e si sviluppa solo attraverso una pratica prolungata), la conversazione proseguirà senza una grande efficacia.
Perché l’attenzione è importante
Scaviamo un po’ nella scienza e consideriamo che il cervello opera (in termini molto semplicistici) in due modalità: focalizzazione verso l’esterno, dominata dalla nostra rete di funzioni esecutive, modalità nella quale stiamo facendo il punto su ciò che è nel nostro ambiente esterno, e focalizzazione verso l’interno, supportata dalla nostra rete di default (una sorta di pilota automatico) in cui percorriamo i nostri pensieri e ripercorriamo i ricordi.
Come puoi immaginare, entrambe le reti possono funzionare bene solo se hanno l’attenzione dalla loro parte (l’attenzione è una funzione fondamentale per la maggior parte del cervello), ma la vera domanda è: cosa sta facendo questo mondo sempre più rivolto al microlearning ai nostri sistemi di attenzione?
Fornendo alle persone solo brevi e concentrate “raffiche” di informazioni, stiamo effettivamente facendo la cosa migliore o stiamo semplicemente esacerbando il problema? Stiamo riprogrammando queste reti deputate all’attenzione in modo da poterci concentrare meno per periodi di tempo prolungati quando invece dovremmo sfidare noi stessi e il nostro cervello a preservare la nostra attenzione più a lungo? O il microlearning è davvero il modo migliore per accumulare di più nelle nostre giornate così piene di azione?
Nella zona grigia
Dibattiti come questo non sono una novità per Synaptic Potential. Quando si tratta del cervello, raramente troviamo che le cose sono totalmente bianco o nero, e questo vale che si parli di microlearning o che si parli di resilienza. La realtà è che brevi e intensi momenti con concentrazioni di apprendimento coinvolgenti, come questa newsletter, ad esempio, possono essere molto efficaci. Tuttavia, se ti aspetti che il tuo cervello si impegni solo per 2 minuti alla volta è probabile che la tua capacità di mantenere l’attenzione diminuisca.
Vuoi questo?
O vuoi essere in grado di sederti e leggere un romanzo, seguire la trama di un intero film o scavare in quella interazione profonda e complessa con un collega di lavoro? Se è così, allora devi continuare a dedicarti a situazioni ed apprendimenti basati su tempi più lunghi e tenere attive le reti neurali su cui si basano.
E dunque, a seguito di quel webinar, ho avuto la sensazione che il microlearning sia la direzione sbagliata da prendere? Assolutamente no.
Su Synaptic Potential realizziamo ottimi programmi che prevedono video di 3-5 minuti, ma come per molte cose nella vita il motto è “tutto con moderazione”, e lo stesso vale per il cervello. Il microlearning è un ingrediente di una “dieta di apprendimento” equilibrata e conoscere il modo giusto per progettare i nostri momenti di apprendimento ed avere chiaro ciò che ti aspetti di ottenere da ogni occasione in cui impari qualcosa è la cosa davvero importante per massimizzare il tuo potenziale.
Traduzione di un articolo di Amy Brann – www.synapticpotential.com
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